sabato 15 giugno 2013

Cronaca dell'Ultramaratona del Gargano, 2013


"Quando le parole non bastano, il corpo si fa preghiera e la corsa è come un rosario che si sgrana correndo, passo dopo passo, sulla strada". Questo è ciò che mi disse un giorno Paolo, in un momento particolare della nostra vita, e continuò: "La determinazione a portare fino in fondo la gara aiuta a spogliarsi dalla tensione accumulata, fino a toccare emozioni sopite dai pensieri e dalla quotidianità".

Ogni volta che mi trovo in mezzo a dei corridori, non posso fare a meno di constatare quanto queste parole siano vere e condivise da altri. L'impegno a voler superare gli ostacoli non è pero compreso da tutti: c'è chi, col metro del raziocinio, giudica chi corre un matto, un incosciente. Naturalmente, più sono lunghe le distanze e più l'incomprensione delle persone "normali" aumenta.

La prima volta che Paolo, mio marito, si è misurato con una ultramaratona di 50 km è stata quando ha corso lungo il lago di Varano, nel tallone d'Italia. Era la prima edizione di questa competizione, nel 2012, ed anche la prima volta che Paolo ha corso una gara più lunga dei 42 km della maratona. Quando in lui maturò l'idea di mettere alla prova la propria resistenza fisica, partecipando ad una gara così lunga, non me ne parlò subito, forse perché credeva, a ragione, che io lo avrei consigliato di lasciare perdere. Me lo comunicò soltanto alla vigilia della partenza, senza darmi il tempo di realizzare cosa significasse una "ultramaratona": "In fondo 50 km sono solo 8 km in più di una maratona. Cosa vuoi che sia?". Mi disse una cosa simile quando passò dai 10 km ai 21 km: "Sono soltanto 11 km di differenza!". Come non averci pensato prima?!